Sia chiaro da subito che non gioiamo nel vedere gli azzurri restare a casa mentre il calcio islandese celebrerà il suo esordio mondiale. Essendo un sito che parla prevalentemente di calcio, Islanda e cultura ad essa legata, l’eliminazione dell’Italia non ci ha lasciato indifferenti.

Capitan Cannavaro alza la Coppa del Mondo a Berlino (youtube.com)
Sono due cose diverse. Tranne i giovanissimi, chi non ha ancora addosso i brividi di Berlino e la delusione di Sud Africa e Brasile? Non sarà la stessa cosa guardare la Coppa del Mondo senza la squadra che rappresenta il nostro Paese.
La provocazione
Premesso questo, ci ha stimolato l’abuso della parola “programmazione” che viene subito dopo “dimissioni” nei giorni drammatici post-eliminazione. Proprio dalla programmazione nasce il boom del calcio islandese. Difficile che la ripresa del calcio italiano possa passare per provvedimenti simili. Per comodità di lettura abbiamo diviso l’analisi in tre parti: numeri e cultura sportiva, i giovani e lo staff, tecnica tattica e attaccamento alla maglia. Nei prossimi giorni li uniremo in unico articolo.
Il titolo, provocatorio, è un invito bonario a fare quello che, per cultura e tradizione, si è meglio capaci. Così come invitiamo gli islandesi che hanno messo l’ananas sulla pizza a non farlo mai più (cosa che ha fatto inorridire lo stesso Presidente della Repubblica, Guðni Thorlacius Jóhannesson), non crediamo che perseguire una programmazione scandinava sia la via per risollevare il calcio italiano. Gli effetti rischiano di essere gli stessi della suddetta pizza e vi spigheremo perché.
I numeri del calcio islandese e italiano
Sono due realtà completamente diverse. L’Islanda con i suoi 340.000 abitanti ha lo 0,56% della popolazione italiana (60.560.000 abitanti). In proporzione alla popolazione, l’Islanda ha un ottimo numero di tesserati. Sono circa 20.000, cifra che impallidisce di fronte al 1.073.000 di tesserati in Italia. Sono l’1,8% rispetto a quelli italiani. Ugualmente impietoso il raffronto fra il numero di calciatori professionisti, circa 250 quelli islandesi, circa 13.000 quelli italiani: l’1,92%.

Questa immagine ha fatto il giro del mondo lo scorso marzo. Durante la partita di Coppa di Lega fra Breidablik e Fram, un’improvvisa tempesta di neve al 70° ha ricoperto campo… e giocatori in panchina! (twitter.com)
La situazione ambientale nel calcio islandese
E’ molto diversa. In inverno si riesce a giocare a calcio in quasi tutte le parti d’Italia. In Islanda è possibile farlo solo nei campi coperti recentemente costruiti in giro per l’isola, a meno di non farlo in queste condizioni. Non è un caso se il boom del calcio islandese coincide con l’apertura dei campi coperti. Fino a quel momento, il gioco del calcio era possibile solo fra aprile e ottobre, sempre che il meteo lo permettesse.
Chi non ha mai giocato a palla per strada, nel cortile di casa o in posti molto più strampalati? La pratica del calcio in Italia è anarchia pura. In Islanda per forza di cose è molto più contingentata e, di conseguenza, organizzata. Con organizzazione ci riferiamo anche alle strutture. Non tutte le squadre di Lega Pro vantano attrezzature sportive all’avanguardia. Paradossalmente è più facile trovarle collegate ai campi coperti, sperduti nei villagi remoti, di cui parlavamo prima.
La cultura sportiva
Parlare di cultura sportiva in Italia è virtù di pochi illuminati, a maggior ragione sui campi da calcio. In Islanda, come in tutti i paesi nordici lo sport, il concetto di cultura dello sport, nel senso stretto del termine, è molto radicato. Il calcio islandese va di pari passo.
La pratica sportiva di un bambino italiano è legata alle due ore di “ginnastica” a scuola e alla volontà del genitore di accompagnarlo al campetto, in palestra o in piscina. Spesso la disciplina che si pratica da ragazzini è quella tramandata da uno dei due genitori. E’ quella su cui è più probabile che converga l’attività agonistica del bimbo in questione.

Secondo il Ministero della Salute, nel 2016, in Italia un bambino su cinque (il 21,3%) è sovrappeso e uno su dieci obeso (il 9,3%). Oltre la cattiva alimentazione, il problema principale è la carenza di pratiche sportive (blogmamma.it)
In Islanda, e in buona parte d’Europa, c’è un legame più stretto fra scuola e società sportive. L’attività che si svolge è incentrata sulla multi-disciplinarietà. Si praticano più discipline contemporaneamente per sviluppare al meglio tutte le capacità psicomotorie del giovane atleta, verificando indirettamente quale è l’ambito dove riesce meglio.
I nazionali “multi-sportivi” e le polisportive
E’ emblematico il caso di Aron Gunnarsson. Capitano della nazionale islandese e simbolo del calcio islandese, è famoso per le rimesse laterali che sembrano corner. Fin da ragazzino ha giocato anche a pallamano, pratica che gli è stata sicuramente utile per sviluppare la sua abilità nelle rimesse.
Ancora più emblematico il caso di Eyjólfur Sverrisson, attuale allenatore dell’U21 islandese ed ex colonna della nazionale (66 presenze e 10 goal). La sua carriera internazionale è iniziata a 21 anni coi tedeschi dello Stoccarda. Prima era un giocatore fondamentale dell’UMF Tindastóll sia di calcio che di basket, disciplina per la quale vanta una decina di presenze nelle rappresentative giovanili nazionali.

Aron Gunnarsson e le sue famose rimesse laterali: dei veri calci d’angolo! (thescottishsun.co.uk)
Dettaglio non trascurabile, in Islanda le società sono quasi tutte polisportive. In una singola società si può giocare dal calcio alle freccette, passando per l’atletica leggera. E’ un bel paradosso. Il concetto latino “Mens sana in corpore sano” è stato dimenticato dai discendenti di chi l’ha declinato per essere adottato da quelli dei vichinghi. L’ultimo piccolo dettaglio è che l’Islanda si giocherà il mondiale, l’Italia no.

“Mens sana in corpore sano” è una locuzione latina attribuita a Giovenale, vissuto a cavallo di I e II secolo d.c. Alla correlazione fra salute e pratica sportiva i latini ci erano già arrivati duemila anni fa (it.depositophotos.com)
Nella seconda parte della nostra analisi parleremo di giovani talenti e staff tecnico. La terza parte sarà dedicata a tecnica, tattica e attaccamento alla maglia.
P.S. di cultura sportiva in riferimento al successo del calcio islandese ne avevamo già parlato in un’intervista rilasciata al sito lindro.it, potete rileggere tutto qui.
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