Chi conosce bene l’Indagatore dell’Incubo sa quanto sia restio ad abbandonare l’isola di Sua Maestà. Ancor di più, il buon Dylan Dog ripudia i viaggi in mare: la nausea sale repentina, Giuda Ballerino! Come sempre però basta il viso di una bella fanciulla per spingere il nostro eroe a vincere le sue paure. Così alla fine anche il buon Dylan cede al fascino di un viaggio in Islanda.

Dylan Dog, uno dei personaggi di punta della Sergio Bonelli Editore e del fumetto italiano (sergiobonelli.it)
La bella Kristin, figlia di un paleo-antropologo islandese e di una donna inglese, riceve in sogno la visita dei suoi genitori che le chiedono di tornare a casa, in Islanda. Entrambi erano morti quando lei era ancora bambina, durante delle misteriose ricerche condotte da suo padre all’ombra di un vulcano.
“All’ombra del vulcano” è appunto il titolo di questa storia islandese di Dylan Dog. E’ uscita sul numero 237 della serie regolare nell’aprile 2009. E’ il terzo appuntamento di un eroe di casa Bonelli ambientato in Islanda. Negli scorsi mesi abbiamo ammirato la caccia di Dampyr, nello splendido panorama dello Snæfellsnes, e di Martin Mystère che si è ritrovato in mezzo ad una disputa fra dei norreni e una missione già intrapresa da Leif Erikson nell’anno 1000.
Dylan Dog
Difficile non conoscere Dylan Dog, il primo fumetto horror lanciato dalla Sergio Bonelli Editore nel 1986. Il suo successo andò oltre ogni previsione ed oggi vanta pubblicazioni in paesi di tutto il globo.
Dylan, noto anche come “Indagatore dell’Incubo”, è appunto un detective che si occupa di casi… insoliti. Abita a Londra, in Craven Road, e la capitale inglese è la sede principale delle sue avventure. Ogni tanto gli capita qualche escursione fuori porta negli angoli più remoti del Regno Unito dove affronta fantasmi, mostri e pazzi affetti dalle turbe psichiche più improbabili.

La copertina del numero 237 della serie ordinaria di Dylan Dog, “All’ombra del Vulcano”, ambientata in Islanda (foto d’archivio)
Il suo assistente è Groucho che gli lancia la pistola (scarica) nei momenti difficili e importuna le sue clienti con battute dove l’allusione sessuale è sempre dietro l’angolo. Dylan risolve i casi grazie al suo “quinto senso e mezzo”, una specie di intuito premonitore. Oltre ai suoi nemici, deve far fronte a tutte le sue paranoie: è ipocondriaco, claustrofobico, soffre di vertigini e di mal di mare. E’ perennemente in bolletta e per concentrarsi suona (male) il clarinetto. Il suo fascino da bel tenebroso gli consente conquiste all’inizio di ogni avventura, che puntualmente finiscono nelle ultime pagine per la sua disperazione.
Il suo creatore è Tiziano Sclavi che, grazie a Dylan Dog, è diventato uno dei grandi del fumetto italiano. Questa storia però è stata scritta da Pasquale Ruju, che con Dylan è cresciuto fino ad essere una delle penne più prestigiose di casa Bonelli. Ha scritto storie anche per Nathan Never, Dampyr, Martin Mystère e molti altri. I disegni sono di Ugolino Cossu, storico pennello di Dylan Dog. La copertina è opera di Angelo Stano, storico copertinista della serie (ha illustrato tutte le copertine dalla 42 alla 361).
La trama di “All’ombra del vulcano”
Come anticipato in premessa, Dylan e Groucho sbarcano in Islanda per accompagnare la bella Kristin che risponde alla chiamata ricevuta in sonno dai suoi genitori. Il papà di Kristin, paleo-antropologo, e sua mamma, erano morti entrambi mentre stavano per fare una scoperta clamorosa: un popolo misterioso aveva abitato l’Islanda molto prima dei vichinghi e dei monaci irlandesi!

L’arrivo di Dylan e Groucho a Draganfiördur, condito dalla tipica espressione del nostro eroe (foto d’archivio)
Pochi giorni prima di morire, il papà di Kristin era riuscito a portare a casa un calco di un appartenente all’huldfòlk, il “popolo nascosto” che ricorre spesso nella tradizione islandese. Kristin, che all’epoca era bambina, ricorda poco ed in particolare l’ostilità che sua mamma inglese aveva incontrato da parte della famiglia islandese del padre.
Appena arrivati, Dylan e Groucho vengono ospitati dalla nonna e dallo zio paterno di Kristin e l’accoglienza non ha nulla da invidiare a quella tipica della Liguria. Nei giorni precedenti al loro arrivo hanno iniziato a morire cruentemente alcuni biologi che lavorano ad un progetto governativo di campionamento del dna della popolazione locale. Forse che c’è un filo rosso che lega questi delitti alla morte dei genitori di Kristin?
L’ispirazione islandese
L’ambientazione è realistica, ma i nomi del paesaggio sono inventati. Draganfiördur non esiste, ma potrebbe essere benissimo uno dei tanti paesini di pescatori che ci sono sulla Costa Est. Il vulcano ai piedi del quale scompaiono i genitori di Kristin si chiama Wallhafell, la sua forma e i dintorni brulli ricordano l’Hekla.
L’huldufólk esiste eccome, almeno nella tradizione islandese e faroese. Non sono pochi gli angoli di queste isole a cui sono legati racconti di elfi, fate e troll. In alcuni casi hanno condizionato progetti di costruzione. Il più celebre è quello della strada attraverso la Álfhóll, la collina degli elfi appunto! I lavori iniziarono negli anni ’30, ma più ci si avvicinava alla collina e più aumentavano gli incidenti ai macchinari. Si arrivò al punto che gli operai si rifiutarono di proseguire e la strada venne deviata per evitare la collina degli elfi.

Il pranzo tipico islandese a cui Dylan partecipa… suo malgrado (foto d’archivio)
In questo album di Dylan Dog si fa riferimento a questo episodio quando Kristin parla della strada di Kópavogur. Tuttavia gli esponenti dell’huldufólk con cui ha a che fare Dylan sono ben più violenti di un manipolo di elfi dispettosi.
Un altro elemento citato che appartiene alla mitologia norrena è la “fylgja”. E’ uno spirito che accompagna una persona verso il compimento del proprio destino. In questa storia la fylgja è sotto il naso del lettore fin dall’inizio, ma ci si accorgerà del suo ruolo solo nelle ultime pagine.
Non mancano richiami alle specialità culinarie islandesi. Dylan Dog viene invitato a mangiare squalo, pesce essiccato, sangue di pecora e annaffiarlo di un vino chiamato “morte nera” (il famoso Brennivín). Peccato che Dylan sia vegetariano e astemio!
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