Lo skáld era un poeta di grande cultura e memoria che nell’Alto Medioevo girava per le corti scandinave, recitando poesie dalla metrica complessa per celebrare la mitologia vichinga. La poesia scaldica era un’arte molto raffinata in cui gli islandesi erano degli autentici maestri. Grazie all’Edda in prosa di Snorri Sturluson (e ad altre sue opere) buona parte di questa tradizione, all’epoca tramandata perlopiù oralmente, è arrivata ai giorni nostri. C’è voluto però un italiano a mettere ordine fra i maestosi protagonisti della storia, reale e mitica, dell’Islanda: i vulcani.

Il libro dei vulcani d’Islanda (foto di Leonardo Piccione)
Leonardo Piccione, ragazzo di 32 anni che da tempo fa la spola con l’Islanda, ha avuto la brillante idea di presentarci uno ad uno i vulcani islandesi, legando ad ognuno di essi una storia che solo la magia dell’Islanda sa creare. Dai primi colonizzatori delle saghe islandesi fino ad Hannes Þór Halldorsson il portiere-regista della nazionale, passando per Hans Jonathan il primo islandese di colore, il genio degli scacchi Bobby Fischer, gli esperimenti della NASA…. Leonardo ha raccolto tutto questo in “Il libro dei vulcani d’Islanda“. E’ la prima opera di uno scrittore italiano ad essere pubblicata da Iperborea, la casa editrice più presente nelle librerie della redazione Freezeland, dedicata alla letteratura scandinava.
Non potevamo non intervistare Leonardo, il quale ha gentilmente condiviso con noi la playlist musicale da affiancare alla lettura del libro. Qui trovate la scheda del libro, dove è anche possibile acquistarlo, mentre qui trovate tutte le recensioni del libro. La parola a Leonardo!
1. Prima domanda d’obbligo: come sei finito in Islanda?
Storia lunga, quanto spazio abbiamo? 🙂
Diciamo che è cominciato tutto nell’ultimo anno del liceo (quindi ormai un bel po’ di tempo fa…), quando nel programma di tre materie diverse, nel giro di un mese, venne fuori ripetutamente l’Islanda. Si trattava di letteratura italiana, con Leopardi e il Dialogo della natura e di un islandese; di fisica, con le aurore boreali, e, ovviamente, di scienze della terra, con il vulcanismo terrestre. Islanda in tutte e tre.
All’epoca sapevo pochissimo di questo posto, ma la coincidenza mi incuriosì. Decisi di strutturare la tesina multidisciplinare di fine anno intorno all’Islanda, e mi promisi che l’avrei visitata non appena avessi avuto l’occasione. Occasione che è arrivata durante gli anni dell’università: mi trovavo per un periodo in Inghilterra, trovai un volo economico per Reykjavík e partii.
Fu il primo di undici viaggi (forse dodici, comincio a perdere il conto), ciascuno di essi legato a una permanenza via via più lunga sull’isola. Dal 2015 in poi ho passato circa sei mesi all’anno in Islanda. Da qualche tempo faccio base a Húsavík, nel nord-est, dove collaboro con il Museo dell’Esplorazione e, d’estate, lavoro nella reception di un piccolo albergo.
2. Collegare i vulcani all’Islanda è un passaggio semplice, ma come ti è venuta in mente l’idea di raccontare una storia per ognuno di loro?
I vulcani sono una fonte di ispirazione feconda come poche, secondo me. Nel loro starsene così a lungo tranquilli per poi sbottare a un certo punto, all’improvviso, quando proprio non ne possono più, ricordano in qualche modo certi caratteri umani – compreso il mio.
In Islanda sembra tutto pacifico in superficie, quando in realtà sotto c’è un oceano di materia bollente che si muove, e che spinge. Questa inquietudine è un motore grandioso: da un punto di vista geologico, è il motore delle eruzioni; da un punto di vista umano, è il motore delle storie. Quando le cose restano uguali a se stesse, c’è poco da raccontare. Quando cambiano – e in Islanda cambiano di continuo – le storie emergono come fiotti di lava incandescente. Io ne ho scelta una per ciascuno dei 47 vulcani selezionati, ma avrebbero potuto essere molte di più.
3. La casa editrice Iperborea è una sorta di faro che illumina gli appassionati del Nord Europa e di cultura scandinava. Noi, e immaginiamo anche molti dei nostri lettori, siamo dei “finanziatori” generosi di Iperborea e in passato ci è capitato di raccontare qualche episodio curioso di opere che ha pubblicato. Mai fino ad ora però Iperborea aveva ospitato un autore italiano. Come è nata questa collaborazione?
Sono stato – e sono tutt’ora – anch’io un lettore e un “finanziatore” di Iperborea, dunque questa collaborazione con loro è un fatto davvero speciale per me. Non pensavo sarebbe successo – sapevo della loro scelta di limitarsi alla pubblicazione di autori nordici –, ma alla redazione le mie storie sono piaciute subito.
Ci hanno trovato qualcosa di profondamente islandese, come mi hanno detto, dunque hanno deciso di lanciarsi in un’avventura che per molti versi è stata nuova anche per loro: il libro ha un formato diverso dal solito, in più ci sono 47 mappe colorate, altrettante schede scientifiche e un vasto apparato di note conclusive. Non una pubblicazione come le altre, insomma. Non è nemmeno semplicissima da catalogare: non è né un romanzo né una guida di viaggio. Ma a Iperborea hanno coraggio e voglia di fare cose belle, e credo sia un gran bella fortuna.

(foto di Elena Chernyshova)
4. Tornando al libro, sei partito subito con l’idea di scrivere una storia per ciascuno dei 47 vulcani islandesi o è stata una scelta a cui sei arrivato gradualmente?
Il nucleo dell’idea è nato nel periodo che ho trascorso a Selfoss nell’inverno del 2015. Ho fatto per due mesi il volontario in una libreria. Il titolare, a sua volta uno scrittore, nei giorni di riposo mi guidava spesso in giro per il sud. In corrispondenza di ogni montagna, fiume o campo di lava si fermava e tirava fuori una storia. Fatti reali e altri leggendari, diversissimi tra loro, che lui raccontava con tale ricchezza di sfumature e di particolari che a un certo punto ho cominciato a prendere appunti. Presto mi sono reso conto che il filo conduttore che teneva insieme le storie era la natura geologica della terra in cui erano ambientate, e che forse aveva senso continuare questa ricerca.
5. Recuperare così tante storie non deve essere stato semplice. A chi ti sei affidato per selezionare il materiale più interessante? E quali sono stati gli incontri (o gli scambi di idee) che ti sono rimasti più impressi?
Sì, ci è voluto un po’ di tempo. Ma gli inverni islandesi sono lunghi e tranquilli, dunque le occasioni non mancano… Per trovare le storie ho letto libri e articoli, ho guardato film, ho frequentato biblioteche e musei. Soprattutto, ho parlato con molti uomini e donne islandesi. All’apparenza sembrano persone schive, al limite dello scostante, ma superata la barriera iniziale si rivelano cordiali ed estremamente disponibili al confronto.
L’archivista della biblioteca di Húsavík, per esempio, si è preso due mattinate per trovare e tradurre per me storie legate all’approdo di orsi polari sulle coste dell’Islanda settentrionale, che nel libro racconto parlando del vulcano Þeistareykir. Ricordo benissimo anche la vividezza con la quale il ranger Siggi, che è stato il “guardiano” dell’ultima eruzione avvenuta in Islanda (a Holuhraun, tra il 2014 e il 2015), mi ha descritto il particolare suono della lava che scorre: come cocci di vetro sballottati dentro un secchio in alluminio, mi ha spiegato.
6. Dei 47 vulcani islandesi di cui hai parlato, quanti sono quelli che hai visitato e quali sono quelli che ti hanno impressionato di più?
Mi mancano i vulcani nascosti sotto i ghiacciai, ma gli altri li ho visti più o meno tutti 🙂
Dal punto di vista scenografico, credo che l’Askja, con i suoi laghi blu e le montagne scure tutt’intorno abbia pochi eguali. Io però sono legato moltissimo anche allo Snæfellsjökull, che è il primo vulcano che ho raggiunto guidando da solo in Islanda. Inoltre è l’ideale punto di contatto tra Islanda e Italia: Il Viaggio al centro della Terra di Jules Verne comincia dallo Snæfellsjökull e termina da noi, sull’isola di Stromboli. Perfetto.
7. Pressoché tutti i vulcani dell’isola sono legati a personaggi o vicende narrate nelle celeberrime saghe islandesi, nelle quale sicuramente ti sarai imbattuto. Quale (o quali) personaggi ed episodi ti hanno emozionato maggiormente?
Penso sarebbe troppo facile rispondere citando il coraggio e la forza d’animo di Njáll e di Egill, i protagonisti delle due omonime saghe, tra le più famose della tradizione islandese. Quindi dico che sono rimasto molto affascinato anche dai risvolti esoterici della Saga degli uomini di Eyr e soprattutto dall’intreccio amoroso della Laxdæla saga: un plot intenso, al limite del pulp, che non ha nulla da invidiare a una riuscita serie tv dei giorni nostri.

(foto di Leonardo Piccione)
8. Quali sono invece i personaggi o gli episodi di epoche più recenti che ti hanno incuriosito di più?
Ce ne sono tantissimi. È davvero sorprendente la quantità di personaggi di ogni tipo (scienziati, esploratori, artisti, poeti) che nei secoli hanno avuto a che fare con l’Islanda e con i suoi vulcani.
Mi viene in mente, ad esempio, Bobby Fischer, il grande campione di scacchi americano, che trascorse qui gli ultimi anni della sua vita. E come non citare Neil Armstrong, che due anni prima di mettere piede sulla Luna partecipò ad un training geologico nell’area del vulcano Askja?
Permettetemi infine di citare un personaggio che i vostri lettori conosceranno benissimo: Hannes Halldórsson, il portiere della nazionale di calcio islandese. Credo che la sua storia (accenno anche ad essa nel Libro dei vulcani) sia sintomatica di quel che è successo all’Islanda in quest’ultimo decennio di improvvisa e assolutamente nuova centralità di portata mondiale.
Il calcio è stato una metafora molto potente di questi anni e, tra le altre cose, è stato anche l’argomento della mia prima collaborazione con Iperborea: un racconto sul Völsungur, la squadra di Húsavík, pubblicato sul primo numero della rivista The Passenger.
9. Vivendo in Islanda avrai toccato con mano gli effetti del turismo di massa in un contesto particolare come l’Islanda. Gli islandesi vivono questo fenomeno con umori alterni. Da una parta ha portato benessere e dato nuovo slancio all’economia, dall’altro ha creato problemi per i quali erano impreparati (sovraffollamento in alcune zone, incidenti e mancanza di rispetto delle regole, aumento degli affitti, ecc). Come hai visto l’isola reagire a questo fenomeno?
Il Nord dell’Islanda per certi versi è ancora marginale rispetto ai flussi turistici che, soprattutto nei mesi estivi, intasano Reykjavík e la costa sud. Certo anche qui si percepisce abbastanza chiaramente che, come dire, forse le cose sono quasi sfuggite di mano: il desiderio degli islandesi di essere finalmente meno isolati sta evolvendo nel timore che questa terra, a cui sono così visceralmente legati, sia diventata un po’ meno loro. Ad ogni modo sembra che tutto stia cambiando di nuovo…
10. Il 2019 sarà il primo anno dal 2010 in cui il turismo arresterà la sua crescita vertiginosa. Anche l’economia islandese in generale sembra destinata ad interrompere la crescita degli ultimi anni. Negli ultimi mesi c’è stato il fallimento di Wow Air e la corona islandese è abbastanza volatile. C’è preoccupazione che l’economia dell’isola salti di nuovo in aria? E ti è capitato di imbatterti in episodi della terribile crisi del 2008?
Io sono arrivato la prima volta in Islanda cinque anni dopo la crisi del 2008, dunque non ne ho sperimentato direttamente gli effetti. Sto invece toccando con mano questo che viene definito come l’inizio di una nuova fase di recessione. Sì, adesso gli islandesi non guardano al futuro con grandissima fiducia.
Alla situazione incerta dell’economia si aggiunge il disastro dello scioglimento dei ghiacciai: nei prossimi decenni è pressoché certo che si verificherà la triste, paradossale condizione di una Terra del ghiaccio senza più ghiaccio. È un’idea concretamente e anche psicologicamente destabilizzante. Sintetizzando, credo di poter dire che oggi – ancora più del solito – sia molto complicato fare programmi a lungo termine in Islanda.
11. Hai altri progetti in futuro legati all’Islanda?
Diciamo che anch’io in questa fase cerco di non guardare troppo in avanti. Di sicuro per qualche settimana ancora resterò a Húsavík, e conto di tornare quassù anche il prossimo gennaio. Mi piacerebbe lavorare a qualcosa di specifico sulla vita in inverno in un posto del genere. Poi però mi piacerebbe dedicarmi anche ad altri luoghi, conservando comunque un posto speciale per quest’isola e sperando sempre, come dicono gli islandesi, che tutto alla fine si sistemi. Cioè, Þetta reddast!
Non sono presenti commenti.