Filippo Conticello è nato a Catania nel 1983 e inizia la sua carriera giornalistica occupandosi del delicato tema della malavita siciliana. Alla Gazzetta dello Sport dal 2008, nelle scorse settimane si è recato in Islanda per la campagna #ForzaIslanda. Nel suo viaggio ha intervistato i giocatori in procinto di partire per la Russia, sia alcuni tifosi “speciali”. Ecco le nostre dieci domande per sapere qualcosa in più della sua incredibile esperienza gomito a gomito con gli eroi del calcio vichingo:

Filippo Conticello in compagnia di un supporter islandese (per gentile concessione di Filippo)
Filippo Conticello, Gazzetta e Islanda
1) Buongiorno Filippo, innanzitutto una domanda su di te. Abbiamo letto che nel 2007, a 24 anni, hai vinto il premio giornalistico “Giancarlo Siani” con tesi specialistica sul racket delle estorsioni in Sicilia, un tema decisamente importante. Quale è stato il tuo percorso professionale e che effetto fa lavorare oggi per il quotidiano sportivo più importante d’Italia?
Capisco possa suonare strano passare dal racket al calcio, dalla mafia all’Islanda… È stato un salto triplo, però non vedo una contraddizione in termini: sono solo angoli diversi da cui osservare la realtà e provare a raccontarla. E poi, vi assicuro, è stato un percorso quasi inconsapevole: gli eventi mi hanno portato a occuparmi di cronaca nei primi anni di lavoro e poi di sport da quando sono alla Gazzetta. Per ragioni diverse sono settori che mi entusiasmano perché, in fondo, è la professione giornalistica che mi entusiasma. Che dire della Gazza? È un pezzo di storia di questo Paese, per me è un onore e un privilegio farne parte.
2) L’Italia non partecipa ai mondiali, l’Islanda è fra le nazioni (se non la nazione) che i tifosi orfani degli Azzurri decidono di adottare e tu ti trovi a narrarne le gesta. Come hai reagito quando ti è stata affidata la missione #ForzaIslanda?
Con curiosità e interesse: l’idea mi è sembrata stimolante, diversa da tante altre, soprattutto perché ci consentiva di elaborare, almeno in parte, il lutto mondiale. Diciamola tutta, non esiste campionato del mondo senza Italia… Proprio per questo bisognava inventarsi qualcosa di nuovo per non deprimersi.
3) Quale era la tua conoscenza dell’Islanda prima di partire e come è che te la immaginavi?
Pari a poco di più di zero. Sapevo solo che faceva freddo, sapevo che fosse bella, sapevo della simpatia e bizzarria. Dal vivo ho visto tutto questo moltiplicato per dieci, ho scoperto l’anima profonda di un grande Paese (sì, si può essere grandi anche con 330mila abitanti…): l’Islanda ha un che di magico, di incantato che ti cattura e ti seduce. È come se ci fosse un filo che unisce tutti gli abitanti e la stessa natura: il calcio e la Nazionale sono diventati quasi uno strumento di questo racconto identitario, il biglietto da visita verso il mondo.
Istituzioni islandesi e società
4) Durante il tuo soggiorno islandese ti è capitato di incontrare vere e proprie celebrità della società islandese. Partiamo dal Presidente della Repubblica Guðni Thorlacius Jóhannesson. Non capita tutti i giorni di intervistare un capo di stato. Che esperienza è stata? Nei giorni in cui lo hai intervistato, il suo “collega” Mattarella stava attraversando giorni molto difficili, ti è capitato di scambiare qualche battuta, oltre che sul calcio, anche sulla situazione politica italiana?
“C’è un bel casino da voi, vero? Ma tutto il mondo è uguale…”. Gudni ha scherzato così sul caos italiano, anche perché ama il nostro Paese e segue con attenzione le sue vicende. Ma basta arrivare nella sua residenza, una specie di Quirinale a una decina di chilometri da Reykjavík, per capire la differenza con un leader di un qualsiasi Paese occidentale: ho bussato al suo campanello e lui, un capo di Stato, ha aperto la porta e mi ha fatto accomodare come fossi un vecchio amico. Il giorno prima aveva viaggiato tra la gente su un normale volo di linea da Copenhagen, lo stesso che avevo preso io. Qualche giorno dopo, invece, allo stadio per l’amichevole con la Norvegia mi ha riconosciuto e ha voluto sapere come fosse andato il viaggio nei minimi dettagli. Davvero incredibile.

Filippo Conticello insieme al Presidente della Repubblica Guðni Thorlacius Jóhannesson sugli spalti del Laugardalsvöllur in occasione dell’amichevole fra Islanda e Norvegia (foto di Filippo)
5) Un altro “monumento” che hai avuto occasione di intervistare è stato Hallgrímur Helgason. Artista a tutto tondo (scrittore, attore, pittore e molto altro) e personaggio dotato di una cultura straordinaria, è conosciuto molto anche all’estero per il suo libro “Reykjavik 101”. Cosa puoi raccontarci di questo incontro con lui e suo fratello?
Tra l’altro, eravamo in un locale di un terzo fratello, un posto in cui fanno ottimi pancake per colazione. Il libro di Hallgrimur ha raccontato dal profondo questo Paese, è come se avesse tolto il velo misterioso che prima c’era intorno all’Islanda. Ha un alto profilo intellettuale e parla di pallone con la passione di un tifoso. Il calcio è cultura, lui ne è l’esempio. Il fratello Gunnar, anche lui scrittore, è anche una star della tv: è un po’ più istrione, ma è altrettanto profondo. Adesso è in Russia e continuiamo a scambiarci messaggi sui “nostri ragazzi”…
6) Nel suo libro “Reykjavik 101” il protagonista è Hlynur, un disoccupato islandese un po’ disadattato, perduto in improbabili avventure di sesso e droga. La storia vive sul contrasto molto forte fra il senso civico tipico delle società nordiche e la loro latente voglia di evasione e trasgressione. Durante il tuo soggiorno, che idea ti sei fatto della società islandese?
Senso civico, libertà responsabile, totale uguaglianza uomo-donna, rispetto delle regole perfino esagerato, zero barriere tra le persone. Li aiuta il fatto di appartenere a una piccola comunità: il modello non è riproducibile altrove, sia chiaro, ma ci sarebbe tanto da imparare nel loro patriottismo positivo, inclusivo.
La nazionale islandese
7) Passiamo al piatto forte: la nazionale. Hai vissuto i giorni del ritiro della nazionale a Reykjavik gomito a gomito con i protagonisti. In passato ci è capitato di intervistare giocatori della nazionale e siamo rimasti stupiti dell’immediatezza del rapporto, cosa impensabile per qualsiasi giocatore di Serie A. Ti è capitato altrettanto? Quali sono le principali differenze che hai notato rispetto al calcio italiano nel rapporto con media e tifosi?
Impensabile, hai detto bene. Immaginate per un momento che il ct dell’Italia si avvicini a un giornalista straniero nella hall dell’albergo in cui alloggia e gli dica: “Ho sentito parlare di te, vieni, fammi compagnia mentre mangio un club sandwich e così facciamo una intervista…”. Ecco, a me è successo con il ct islandese. La cosa incredibile, però, è il modo in cui intendono il ritiro: ero abituato a ritiri blindati come campi militari, con una separazione netta dagli atleti. In Islanda invece i giocatori della nazionale escono come e quando vogliono. Viste le brevi distanze, vanno a trovare ogni giorno le famiglie e poi tornano in albergo senza che nessuno li fermi per strada. Un altro pianeta, insomma.
8) Si dice che la vera forza della nazionale islandese sia il gruppo. Spesso è una frase fatta, ma per le imprese che hanno compiuto questi giocatori negli ultimi anni evidentemente è davvero così. Cosa puoi dirci del gruppo che hai visto al lavoro? E cosa manca secondo te a questa nazionale?
Non è una frase fatta, basta guardare le nazionali al Mondiale. Quante possono dirsi effettivamente un gruppo? Pochissime… L’Islanda, invece, lo è, è un unico blocco di cemento. Più semplicemente, è come se fosse una squadra di club cresciuta assieme in tanti anni di fatica e lavoro. Adesso tutti si fidano del compagno, tutti conoscono a memoria ogni ingranaggio. Manca un po’ di talento, questo è chiaro, ma è già un miracolo così.
9) La nazionale in Islanda è diventata motivo d’orgoglio e senso d’appartenenza. Nei sondaggi pre-mondiale la maggioranza degli islandesi non sembrava credere possibile il passaggio del turno. Che aspettative ci sono per questi mondiali?
Tutti ripetono una cosa, semplice e scontata, ma pure vera: non hanno aspettative, non si aspettano assolutamente niente. Qualunque cosa accada, è e rimarrà una grande opportunità. Una vetrina e una festa di popolo. Ma c’è un altro elemento di discussione interessante: nessuno pensa che una eventuale eliminazione possa arrestare la crescita. Il calcio islandese è in fase di decollo a prescindere, arriveranno nuove generazioni di qualità e, statene certi, questo non sarà l’unico Mondiale a cui parteciperanno!
10) Come hai vissuto la partita contro l’Argentina? E quale è il tuo pronostico sul percorso dell’Islanda e dei Mondiali in generale?
Con l’Argentina ho sofferto in redazione e poi ho gioito. Poi, con la Nigeria ho sofferto in un pub di Milano assieme a degli islandesi e poi ho sofferto. Adesso con la Croazia sarò di nuovo in redazione e spero che porti bene. Io ci credo, li abbiamo battuti e possiamo batterli ancora….
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