Malta, Grecia, Panama, Nicaragua, ma anche Zimbabwe, Mongolia, isole Fiji e infine Islanda. No, non abbiamo preso a caso degli Stati sul mappamondo: sono le destinazioni calcistiche “esotiche” di Giacomo Ratto, portiere varesino classe ’86 che ha deciso di dare alla sua carriera questa svolta. Oggi, come detto, è approdato in Islanda, dove milita nelle fila del Vestri (militante in 2. deild, l’equivalente della nostra Serie C): attualmente è l’unico italiano che gioca nell’isola. Abbiamo colto al volo l’occasione per intervistarlo e farci raccontare un po’ la sua carriera.

Ciao Giacomo! Il trasferimento in Islanda è solo l’ultimo di una lunga serie di trasferimenti che ti ha portato in posti incredibili: Malta, Panama, Nicaragua, Isole Fiji, addirittura Zimbabwe e Mongolia! Come è iniziata la tua carriera internazionale? E’ stata una scelta o una casualità?
Ciao a tutti i lettori di Freezeland, innanzitutto voglio ringraziarvi per questa piacevole intervista. Sì, questo è il 9° paese che ho la fortuna di visitare grazie al calcio dopo Malta (2013 e 2018), Panama, Nicaragua, Fiji, Svizzera, Zimbabwe, Mongolia e Grecia.
Il tutto è nato un po’ per caso, per varie vicissitudini e una scelta sbagliata nel lontano 2006 non ho potuto fare un salto di qualità in Italia e sono finito per svariati anni nel “purgatorio” dei calciatori di belle speranze: le categorie dilettantistiche italiane. Nel 2012 stavo giocando in un club dilettantistico, il Leggiuno, sinceramente stavo facendo molto bene e decisi che dovevo darmi un’altra chance, che dovevo provare a far diventare la mia grande passione in una professione. Decisi quindi di provare a mandare i miei video a club maltesi ma non ottenni nessuna risposta. L’unica risposta arrivò da Mario Muscat, leggendario portiere maltese che è proprietario di una scuola portieri: gli inviai il mio materiale e poco prima di Natale 2012 mi scrisse che un club cercava un portiere, che erano interessati a me e che mi avrebbero contattato… e così fu. Il 26 dicembre mi contattò Keith Vella Muscat, segretario dell’SK Victoria Wanderers e il 03/01/2013 ero a Malta per firmare il contratto. Da lì iniziò tutto.

Di tutte queste nazioni in cui hai giocato, qual è quella dove ti sei trovato meglio sinora e dove magari ti piacerebbe tornare? Sia da un punto di vista calcistico che extra-calcistico.
Ci sono 3 Nazioni dove mi piacerebbe tornare: Malta, Grecia e Nicaragua. La prima perché sia a livello calcistico sia di vita quotidiana mi sono trovato molto bene, forse è dove mi sono trovato meglio. In Grecia perché è un piccolo sogno che ho sin da quando ero bambino (insieme alla Spagna): andai in vacanza per tre anni di fila a Lefkada con mia madre e non so perché mi appassionai al calcio greco. Il secondo motivo è perché nel 2017 sono approdato al Filippos Alexandreia inn Imathia e per il poco tempo che sono stato mi sono sentito subito a mio agio dentro e fuori dal campo. Purtroppo, per un problema burocratico, il transfer non sarebbe potuto arrivare in tempo. Così dovetti lasciare il Filippos Alexandreia (allora in Football League 2), con il quale era tutto fatto. Peraltro avevo già giocato 90’ contro il Kilkisiakos, con un ottimo clean sheet e un buon feeling con i compagni e l’ambiente. Infine il Nicaragua, perché un infortunio non mi ha permesso praticamente di dare il mio contributo. Perccato perché la prima gara fu ottima a livello personale, fui anche selezionato tra i tre aspiranti al man of the match arrivando 2° per un voto.
Abbandonare il sogno del professionismo in Italia per girare il mondo a scopi calcistici è sicuramente una scelta coraggiosa. Con il senno di poi credi che sia stata la scelta migliore? Torneresti in Italia per giocare se ne avessi la possibilità?
Quest’inverno c’era stato un contatto con un club di Lega Pro e in estate con uno di D al Sud, ma alla fine non se ne fece nulla. Non so se sia una scelta coraggiosa, di sicuro in Italia siamo in pochi a fare i bagagli e partire. Per esempio gli spagnoli esportano giocatori da anni e devo dire che sono anche molto più seguiti ed apprezzati in patria rispetto a noi italiani. Detto ciò, il mio come quello di tanti altri giocatori italiani all’estero è un lavoro al 100%, non siamo certo in “vacanza”.
Per me è stata un’ottima scelta intraprendere una strada professionale fuori dal mio Paese: mi ha permesso di poter fare della mia passione la mia professione e mi ha dato la possibilità di conoscere gente con usi e costumi differenti dai miei, rendendo più ricco il mio bagaglio culturale, di esplorare posti che probabilmente non avrei mai visto. Quindi direi di sì, NE E’ VALSA LA PENA!
Hai giocato in tutti i continenti, praticamente ti manca solo l’Antartide! Quali sono le difficoltà di giocare in posti simili?
La difficoltà principale è quella di adattarsi a una Nazione con una cultura calcistica e sociale differente dalla propria, adattarsi a un clima differente, alla lontananza dagli affetti. Il primo giorno di certe esperienze a volte ho pensato: ma dove cavolo sono finito?… Insomma, bisogna avere una grande motivazione e forza mentale. Poi c’è il campo dove devi entrare e dimostrare più degli altri, perché sei straniero e quindi si aspettano che tu faccia la differenza. Se la squadra perde sei tu il primo ad essere sul tavolo degli imputati a prescindere, quindi mentalmente devi essere molto forte.
Ad occhio, forse la tua avventura più incredibile – geograficamente parlando – è quella in Mongolia. E’ terra di contrasti e dalla nobile storia. Ha una capitale estremamente urbanizzata, mentre nel resto del paese si vive ancora in maniera nomade. Cosa ti ha colpito di più della tua esperienza in Mongolia, fuori dal campo da calcio? Ulan Bator è veramente così inquinata come dicono?

La Mongolia è effettivamente un destino molto esotico ma rappresenta ache un posto speciale per me. Infatti sono stato il primo italiano a giocare nel paese dell’Est Asiatico e calcisticamente è stata una stagione ottima. Diciamo che ho aperto la via anche ad altri italiani, come per esempio al mio amico Mauro Boerchio.
Ulaanbaatar è effettivamente molto inquinata soprattutto d’inverno per via dei riscaldamenti e delle precipitazioni inesistenti. Si tratta però anche di una città che offre di tutto come svago e a livello storico-culturale ci sono diversi posti da visitare.
Il countryside è ciò che più mi ha colpito in Mongolia, distese di terra incontaminata, fiumi, verde, animali allo stato brado e l’infinito cielo azzurro… Fantastico il senso di libertà che ho provato immerso nella natura selvaggia.
Ci sono diversi portieri italiani che, come te, hanno scelto di giocare in luoghi particolari: mi riferisco soprattutto a Mauro Boerchio e Fabrizio Pratticò. Tra l’altro se non sbaglio hai anche giocato contro Boerchio in Oceania. Vi conoscete, o comunque avete contatti anche tra di voi? Vi sentite accomunati da questo essere dei giramondi del calcio?
Alle Fiji per la OFC Fiji Airways Champions League 2015 ci siamo conosciuti personalmente sia con Fabrizio che con Mauro: da allora ci sentiamo spesso. Con Fabrizio è nata una vera e propria amicizia, ci siamo visti più volte l’estate scorsa, sono andato a trovarlo con la mia compagna. “Zingari”, nomadi, bohémien del pallone o come ci vogliate chiamare, di sicuro nelle nostre vite c’è un filo conduttore che ci accomuna: il calcio ed il viaggio.
C’è un filo logico che lega le scelte che hai fatto per i tuoi trasferimenti?
No, sinceramente non c’è, dipende dalle offerte che si presentano durante le finestre di mercato.
Fra tutte queste tue esperienze, quali sono state le abitudini negli stili di vita locali più differenti e particolari rispetto a quanto siamo abituati in Italia? E con il cibo come te la sei cavata?
Mi sono sempre calato nella cultura del luogo, fatto nuove amicizie e vissuto normalmente con la curiosità di scoprire e respirare il posto. Le abitudini sono molto simili a quelle che ho in Italia. Per esempio uscire a fare una passeggiata, guardare un film dopo la gara se non ho allenamento la mattina dopo, uscire con i compagni o con alcuni amici nuovi del posto. Con il cibo mi sono trovato molto bene, mi piace provare piatti nuovi ed in generale mi piace la cucina asiatica, anche africana. Sapendo cucinare non rinuncio però ai nostri piatti, anche perché ho spesso trovato prodotti italiani.
Veniamo all’Islanda. E’ da tanto tempo che segui la nostra pagina. E’ da altrettanto che pensi di trasferirtici? Come sei riuscito a realizzare questa idea?

Ho contatti in Islanda da qualche anno. Nel 2015/16 sono stato ad un passo dal Leiknir Reykjavik che era in Inkasso Deild, ma all’ultimo decisero di non prendere più il portiere. L’anno scorso ho rifiutato un’offerta del Tindastoll e di recente ho avuto contatti con il Vikingur Olafsvik di Inkasso Deild, ma non si arrivò ad un’offerta concreta. Al Vestri sono arrivato tramite Nenad Zivanovic, ex giocatore del Breidablik che se non sbaglio attualmente allena in 3.deild. Tramite un amico mi ha messo in contatto e un giocatore serbo che ha giocato contro di me l’anno scorso gli ha dato ottime referenze. Ed eccomi qui!
Come sono stati i tuoi primi giorni a Ísafjörður? Quali sono le aspettative per la tua esperienza islandese?
Tieni presente che sono arrivato ad Ísafjörður dopo 7 giorni di ritiro a Montecastillo (Jerez de la Frontera) quindi potrai immaginare lo shock. Il primo giorno ho pensato quello che penso ogni primo giorno che arrivo in una nazione che non conosco, poi immagina qui in un paesino di 2500/3000 abitanti… Ora mi sto ambientando, il paesaggio è fantastico, ogni giorno dal mio appartamento ho una vista bellissima sul fiordo.
L’obiettivo del club è quello di tornare in Inkasso Deild, spero che possiamo farcela e che a livello personale mi possa aprire un mercato nell’isola. Ho un obiettivo ma al momento lo tengo per me.
Quali sono gli obiettivi del Vestri per questa stagione? In rosa c’è un altro portiere, Brentton Muhammad, che ha collezionato 16 presenze con la nazionale di Antigua & Barbuda. Ti aspetti di giocare titolare?
Come detto il club, ma anche gli abitanti di Ísafjörður vuole/vogliono l’Inkasso Deild a tutti i costi. Per farlo bisogna ragionare gara per gare: se si pensa troppo in là sarà difficile raggiungere la promozione. Io sono venuto qui per essere titolare, anche se ho trovato una situazione diversa, visto che il piano della società è di dare priorità all’altro portiere, Brentton Muhammad (che è qui da un anno), poi in caso di prestazioni negative di cambiare. Non sapevo questa cosa quando ho firmato, però non importa: mi sto allenando molto bene e mi guadagnerò il posto. Tra di noi c’è un buon rapporto e una sana competizione per il posto da titolare. Ho fatto 44′ in Coppa d’Islanda con clean sheet e ora affronteremo il Grindavik di Pepsi Max Deild, sarà utile per avere una buona occasione per confermarmi.
Prima di te, un altro portiere italiano aveva militato da queste parti. E’ stato il già citato Fabrizio Pratticò che nel 2015 ha giocato per il BI/Bolungarvik, dalle cui ceneri è nato il Vestri. Lo hai contattato per chiedere consigli?
Ovviamente sì, poiché Fabrizio è un mio caro amico e ci sentiamo spesso. Mi ha incoraggiato ad accettare, sicuro che sarebbe stata un’esperienza positiva per me.
In quali paesi ti piacerebbe ancora giocare? E cosa ti aspetti dal tuo futuro?
E’ una domanda difficile alla quale rispondere poiché sono venuto qui per aprirmi un mercato. Per esempio, però, in Grecia mi piacerebbe fare una stagione in Football League o Football League 2, è un piccolo sogno. Mi piacerebbe anche tornare in Nicaragua per poter confermare quello che ho fatto nelle mie due apparizioni. Se dovessi aggiungere altri posti direi Sud Africa e Sud Est Asiatico.
Dal futuro a breve/medio termine di poter avere successo tra i pali, di fare ancora qualche passo in avanti nella mia carriera e di poter raggiungere altri obiettivi. Nonostante io abbia 33 anni ho ancora tranquillamente 5 anni di carriera a ottimo livello. In futuro ho in mente di allenare e poter vedere plasmate sul campo le mie idee calcistiche e chissà… Magari un giorno allenare il mio Deportivo. D’altronde si dice che i sogni siano fatti per essere realizzati e qualcuno l’ho già realizzato.
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