In Islanda c’era molta attesa per il confronto contro Andorra e Francia. Il 2018 si era chiuso con un concerto di campanelli di allarme. La brutta figura in Nations League, le zero vittorie, tanti dubbi su uomini e schemi del nuovo corso di Erik Hamrén.

Alla fine il bottino di tre punti conquistato rispecchia le aspettative, ma il viaggio di ritorno si porta dietro più dubbi di quelli che c’erano alla partenza. Per la prima volta, anche i flemmatici islandesi iniziano a manifestare i loro dubbi sull’operato dell’allenatore svedese. Procediamo con ordine.
Andorra – Islanda: 0-2
La trasferta nel piccolo stato pirenaico è meno banale di quanto possa sembrare. Andorra naviga intorno al 130′ posto del ranking FIFA, ma fra le mura amiche è avversario ostico e i cali di motivazione sono dietro l’angolo. L’ambiente particolare e un terreno di gioco “curioso” (eufemismo) hanno reso la vita difficile a nazionali quotate. Ne sanno qualcosa Portogallo e Svizzera che hanno faticato non poco nelle qualificazioni mondiali (vittorie rispettivamente per 0-2 e 1-2).

Gli spunti interessanti offerti dal match sono molteplici. Hamrén ha schierato i suoi con un 4-5-1 che ha strappato qualche sorriso: era lecito attendersi un po’ più di coraggio. Come succede spesso con nazionali tecnicamente inferiori, l’Islanda ha tenuto il pallino del gioco ma non sapeva che farsene. Ad un buon primo tempo è seguito un secondo tempo di noia totale, nonostante il vantaggio di un solo goal. Le opportunità per segnare ci sono state (soprattutto nel primo tempo), ma è mancata fortuna e lucidità sotto porta.
I sigilli sono stati di Birkir Bjarnason al 22′ e del figliol prodigo Viðar Örn Kjartansson all’80’. Ad ottobre aveva annunciato il suo addio alla nazionale, il suo ritorno è assolutamente gradito. Il 2-0 tutto sommato va bene, ma poteva essere l’occasione per osare un po’ di gioventù: il blocco difensivo, incluso Hannes Halldórsson, viaggiava sui 167 anni, 33,4 a testa.
Francia – Islanda: 4-0
I campioni del mondo non hanno bisogno di presentazioni. In Islanda nessuno crede al miracolo, ma c’è aspettativa per rivedere una nazionale con elmetto e coltello fra i denti. Il 2-2 in amichevole proprio contro la Francia dell’ottobre scorso è un precedente incoraggiante, ma la dea degli infortuni riporta tutti con i piedi per terra reclamando a sé Jóhann Berg Guðmundsson (neanche in panchina) e Alfreð Finnbogason acciaccato.

Anche qui gli spunti tecnici non mancano. Hamrén schiera un prudentissimo 5-3-1-1. A sorpresa, la punta è Albert Guðmundsson. A centrocampo torna Rúnar Már Sigurjónsson, spesso titolare nel nuovo corso.
L’Islanda disputa un buon primo tempo. Ha una buona reazione dopo il goal di Umtiti al 12′ e diverse occasioni, anche se è la Francia a sfiorare più volte il raddoppio e chiude con il 72% di possesso palla. Gylfi illude con un siluro da fuori area ad inizio secondo tempo. Poi al 68′ arriva il pasticcio difensivo che regala il 2-0 a Giroud e taglia le gambe all’unidici islandese. La squadra si sfilaccia, l’attesa del triplice fischio è un’agonia in cui Mbappé e compagni fanno quello che vogliono fino al 4-0 finale. Di Mbappé al 78′ e Griezmann all’84’ gli altri due goal.
Rinnovamento cercasi
E’ l’accusa che viene mossa con più veemenza dai media islandesi all’operato di Hamrén. Il gruppo protagonista del miracolo europeo e mondiale in patria è considerato alla stregua di un corpo divino, ma tutti condividono che ormai quel ciclo sia chiuso.
E’ altrettanto chiaro che sarà difficile ripetere quelle imprese. Proprio per questo ci si chiede come mai il tecnico svedese non abbia sfruttato la mancanza di pressione per lanciare tutti quei giovani e giovanissimi che hanno fatto già vedere buone cose sia nei rispettivi club che in nazionale. Invece la rosa schierata contro Andorra e Francia aveva l’età media più alta di questo turno di qualificazioni europee, 30,7 anni, al pari della sola Bielorussia.
La seconda critica che viene mossa ad Hamrén è la mancanza di un’identità tattica chiara del suo corso. La valanga di infortuni che ha colpito l’Islanda negli ultimi mesi non va sottovalutata, ma non basta a spiegare le 8 formazioni diverse viste nelle 8 partite con lui in panchina. Se con Lagerbäck ed Hallgrímsson il 4-4-2 era una fede incrollabile (al più rivista con il 4-4-1-1 con Gylfi dietro l’unica punta) e l’undici titolare quasi sempre uguale, con il buon Erik abbiamo visto note e spartiti di tutti i colori.
Scricchiolii
In questi giorni su fotbolti.net è apparso un sondaggio con il quesito “Hamrén è l’uomo giusto per l’Islanda?”. A destar stupore non è tanto il risultato (il NO viaggia sul 65%, con il 25% che si dichiara indeciso…), ma il fatto stesso che ci si ponga questa domanda.
Sempre su fotbolti.net è intervenuto Kristján Guðmundsson, l’allenatore che nel 2017 ha portato l’IBV ad un’inaspettata vittoria della coppa nazionale. Con un’analisi molto lucida ha messo in guardia dai rischi del mancato rinnovamento della nazionale, portando gli esempi di tutte quelle nazionali che si stanno rilanciando dopo i recenti insuccessi. Fra queste spicca la Turchia, principale avversario sulla strada che porta ad Euro2020.
Ancora più duro è stato Elvar Geir Magnússon, il cronista che ha seguito l’Islanda contro Andorra e Francia. Secondo lui Hamrén non ha convinto né i tifosi né i suoi stessi giocatori. Evidenzia il peso dell’eredità del suo connazionale Lars Lagerbäck, sebbene nessuno gli abbia chiesto di raggiungere gli stessi obiettivi. Di coltivare un gruppo con lo stesso spirito, quello sì.
Fra i vari commenti ne abbiamo letto uno divertentissimo che paragona Hamrén a David Brent, personaggio di una famosa serie tv in onda sulla BBC. Brent è un capo ufficio che si dà il tono dell’amico e del mentore verso i suoi sottoposti, ottenendo effetti disastrosi…
Hamrén può contare su di un sostegno importante: sua maestà Zlatan Ibrahimovic. Il buon Zlatan, che in nazionale è stato allenato sia da Hamrén che da Lagerbäck, spezza una lancia a favore del primo evidenziando le difficoltà di allenare un gruppo ormai alla fine di un ciclo irripetibile. Mentre di Lagerbäck ricorda le sue ferree convinzioni, di Hamrén elogia la capacità di rivedere con frequenza le sue posizioni.
Forse, qualche paletto in più non guasterebbe…
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