La fine dell’era vichinga

Complice il letargo dei campionati nordici, riprendiamo la nostra serie sulla storia faroese, una serie per gli appassionati della materia con cui speriamo di colmare almeno in parte la quasi totale assenza di informazioni sull’argomento nella nostra lingua. Ovviamente, non essendo questo un sito specializzato non si può considerare questa rubrica alla stregua di una voce enciclopedica, nonostante le fonti da cui attingiamo le notizie siano assolutamente attendibili. Prima di riprendere con l’età vichinga, però, è opportuno rinfrescare velocemente la memoria. Nei cinque capitoli precedenti, infatti, abbiamo trattato i seguenti argomenti:

  1. La nascita e la formazione dell’arcipelago
  2. I primi esploratori tra storia e leggenda
  3. L’arrivo degli irlandesi e dei vichinghi
  4. Harald Bellachioma, l’incubo dei norvegesi
  5. La vita quotidiana dei faroesi in età vichinga

La tomba di Sigmundur Brestisson.

Scontri feudali

Quello che seguirà è un resoconto della lunga faida (durata circa 65 anni) tra gli ultimi due capi vichinghi, Sigmundur Brestisson e Tróndur í Gøtu. La fonte principale è ancora la Saga dei Faroesi, le cui notizie sono generalmente ritenute veritiere nonostante l’evidente intento letterario. Si tenga a mente ciò.

L’età vichinga, che per l’arcipelago faroese si fa tradizionalmente cominciare nell’825, giunse nel 969 ad un punto di svolta. Le isole, infatti, erano contese da tre grandi signori feudali di origine norvegese: Havgrímur da Hov (Suðuroy) e i fratelli Brestir e Beinir da Skúvoy. Ben presto la rivalità iniziò a degenerare in una serie di scontri per l’ampliamento delle terre controllate, e si decise quindi di portare il caso a Tinganes, dove l’assemblea governativa diede ragione ai due fratelli. Havgrímur non accettò il verdetto e cercò l’appoggio di alcuni capi locali, trovando in Tróndur í Gøtu l’alleato perfetto.

La crescente tensione sfociò nell’assassinio dei due fratelli l’anno successivo, durante l’ennesima faida che si tenne sull’isola di Stóra Dímun. Nello scontro però rimase ferito a morte anche lo stesso Havgrímur. L’unico vero vincitore fu proprio Tróndur í Gøtu, che oltre alla gloria ricevette suo malgrado in custodia Sigmundur e Tóri, figli l’uno di Brestir e l’altro di Beinir. Tutt’altro che interessato a diventare padre, Tróndur vendette pochi mesi dopo i due ragazzi a Ravnur Hólmgarðsfari, un mercante di Tønsberg che portò i due giovani con sé in Norvegia, dove rimasero per i successivi tredici anni.

Sete di vendetta

Nel 983 i due cugini tornarono per la prima volta alle Fær Øer dopo la morte dei loro padri su incarico di Hákon Sigurðarson, uno degli uomini più potenti della Norvegia di allora. Dopo un duello tra Sigmundur e Øssur figlio di Havgrímur risoltosi in favore del primo, questi raggiunse una sorta di accordo con Tróndur in base al quale il processo di tredici anni prima doveva essere ripetuto. Tuttavia, nel frattempo Tróndur aveva raccolto un enorme potere su tutte le diciotto isole e quindi egli voleva che il caso fosse portato di nuovo a Tinganes, mentre Sigmundur voleva un processo con giudice il “sovrano” norvegese.

L’anno successivo, il re, spinto dai due cugini, riconobbe colpevole Tróndur di tutti i capi d’accusa imputatigli, obbligandolo a pagare un risarcimento a Sigmundur. Nel 985 l’assemblea faroese accettò contro ogni pronostico questa decisione, di fatto placando la sete di vendetta da ambo le parti e riportando la pace nell’arcipelago.

L’arrivo del cristianesimo

La tranquillità durò per un decennio, quando sul finire del primo millennio giunse sulle isole un nuovo elemento destabilizzante: la religione cristiana.

Nel 995 s’insediò sul trono norvegese Óláfr Tryggvason, meglio noto come Olaf I di Norvegia. Convertitosi l’anno prima alla nuova religione, nel 997 invitò Sigmundur alla sua corte. Tra i due nacque una profonda amicizia, tanto che il figlio di Brestir decise spontaneamente di battezzarsi e di portare la parola di Dio nell’arcipelago. Prevedibilmente, alla proposta di imporre la conversione a tutti i faroesi, l’assemblea di Tinganes insorse rumorosamente, e Tróndur í Gøtu non si fece sfuggire l’occasione di guidare le proteste contro il rivale. Spiazzato, Sigmundur si ritirò nell 999 a Skúvoy, da dove meditò una sorta di contrattacco. Piobato di notte in casa di Tróndur, lo mise davanti ad una scelta: o convertirsi al cristianesimo, o morire con la gola tagliata nel letto.

Ovviamente Tróndur accettò di convertirsi, ma da somma guida vichinga aspettò il momento giusto per vendicarsi. Nel 1005 radunò un buon numero di uomini per uccidere durante un raid notturno il rivale, che secondo la Sigmundarkvæði yngra fu ucciso a Sandvík per mano di Torgrímur Illi, uno degli alleati più temibili di Tróndur.

Tróndur í Gøtu, una figura drammatica

Tróndur í Gøtu rappresenta l’ultimo vero baluardo vichingo. Tradizionalmente si fa finire l’epoca vichinga il 25 settembre 1066 con la caduta dei norvegesi in Inghilterra nella battaglia di Stamford Bridge, ma quelli erano norvegesi ormai ampiamente cristianizzati. Tróndur, invece, rappresenta l’ultimo grande capo vichingo ancora fedele alle vecchie tradizioni pagane, in difesa delle quali si batte fino alla fine.

La sua vita è disseminata di crimini, eppure oggi egli è considerato il primo vero grande patriota faroese. La sua è una battaglia sleale ma al tempo stesso sincera, perché si rende conto dell’enorme minaccia proveniente dalla nuova religione. Accettando la parola di Cristo, i faroesi avrebbero presto accettato anche il giogo impostogli dai norvegesi. Quella di Tróndur è una delle figure più forti e romantiche di tutta la storia faroese, e il suo scontro con Sigmundur oggi è visto in un’ottica puramente politica: l’aspirazione all’indipendenza faroese contro il dominio straniero. Un dramma che anticipa di molti secoli tematiche ottocentesche e che giunge fino ai giorni nostri. Lo slancio e la tensione verso l’indipendenza sono una caratteristica che percorre tutta la storia dell’arcipelago, trovando nell’idealizzata figura di Tróndur il suo capostipite, il suo vero padre.

Cala il sipario sull’era vichinga

Le previsioni dell’ultimo dei vichinghi si riveleranno presto esatte. Morto di vecchiaia nel 1035 a circa 90 anni di età, Tróndur non lascia alcun erede alla sua terra. L’instabilità politica derivante da questo evento viene immediatamente captata nel regno dei fiordi, che subito lancia una spedizione contro l’arcipelago.

Sul finire di quell’anno le isole sono ufficialmente parte del Regno di Norvegia, e il cristianesimo viene imposto senza troppi complimenti. Tróndur muore invitto nella sua battaglia contro gli scandinavi e la loro religione, ma la sua morte mette la pietra tombale sulla libertà dei faroesi. Nel 1035 finisce l’indipendenza dei faroesi; 983 anni dopo, c’è ancora chi aspetta di riaverla. Ma questa è un’altra storia…